LEGGENDO: “La morte della Pizia” di Friedrich Dürrenmatt
Questa settimana la rubrica Leggendo recensisce “La morte della Pizia” di Friedrich Dürrenmatt, piccolo racconto che scava dietro il mito di Edipo, ironizzando sulla potenza degli oracoli e avvolgendo la verità in una trama di versioni, ognuna autentica e reale per chi la sostiene, eppure così illusoria e fantastica per chi la ascolta.
Friedrich Dürrenmatt, scrittore, pittore e drammaturgo svizzero (1921-1990), ha sempre inserito nelle sue opere, teatrali e letterarie, una pungente satira e forte critica nei confronti della società. Nel caso di “La morte della Pizia”, piccolo libricino di circa 70 pagine pubblicato per la prima volta nel 1976 e ora edito da Adelphi, l’autore prende di mira con il suo sarcasmo il famosissimo mito di Edipo.
La triste storia dell’uomo che uccise suo padre e sposò sua madre ha avuto ampissimo eco nella letteratura fin dalla sua diffusione grazie all’opera di Sofocle “Edipo re” del 430-420 a.C. Molti intellettuali, scrittori e psicologhi si sono soffermati sul particolare intreccio narrato dalla tragedia traendone le più complesse e a volte fantasiose teorie. Anche Sigmund Freud trattò del mito di Edipo definendo il suo “complesso” una problematica che colpisce ogni uomo che, dentro di sé, in tenera età, desidererebbe uccidere il padre e giacere con la madre. Proprio per questo motivo, secondo Freud, la tragedia di Edipo trova sempre un ampio interesse nel pubblico. Proprio perché colpisce una tematica già conosciuta e sviluppata nella nostra psiche. In realtà questa e altre teorie derivanti sono state facilmente confutate con prove più che convincenti.
“La morte della Pizia” illustra il conosciutissimo mito dall’occhio di chi ha emesso la spaventosa profezia: Pannychis XI, sacerdotessa di Apollo al santuario di Delphi. Il lavoro della Pizia, abilmente orientata dal gran sacerdote del tempio, è quello di inventare oracoli senza alcun fondamento, creando un vero e proprio business dove gli intrighi politici e di palazzo orientano le “verità” della sacerdotessa. Dürrenmatt quindi mostra al lettore un mondo finto e lontano dalla fede religiosa, dove ogni oracolo pronunciato è frutto dei desideri di un sovrano, del caso e spesso anche dei capricci di chi lo deve pronunciare.
Pizia ha emesso il noto oracolo a Edipo senza dargli troppo peso, quando però questo, ormai vecchio e distrutto dalle sue disgrazie, torna da lei per dirle che il suo oracolo si è avverato, lei scoppia in una fragorosa risata.
Un giorno la Pizia si sente ormai vicina alla morte e si reca presso il tripode attendendo la sua fine. Proprio allora cominciano ad apparirle le ombre che hanno avuto un ruolo nella vicenda, tra cui Giocasta, l’indovino Tiresia ed Edipo stesso. Da questo momento l’intreccio si evolve in una serie di conversazioni e dialoghi fra colei che ha pronunciato l’oracolo e le ombre. Ogni nuovo personaggio presenterà una diversa versione del mito che farà crollare le convinzioni precedenti del lettore.
Il finale complesso e avvolto dall’enigma mostra brillantemente l’ironia e la critica dello scrittore verso un mito così antico e illumina il lettore dimostrando che a volte una reale verità non esiste, o comunque non può essere trovata dall’uomo, ma ve ne sono molte, ognuna delle quali si adatta alla mente e ai desideri di chi la crea, montando un mondo e una realtà totalmente fantastici.